lunedì 3 marzo 2014

Grande bellezza

Siamo contenti, siamo italiani, "semo romani trasteverini, semo signori senza quatrini".
Il fatto che abbia vinto un Oscar un "brutto" film, cioè un film che ritrae fedelmente una realtà oggettivamente decadente, anche se non soddisfa i palati più esigenti (quelli del "Fellini è un'altra cosa"), è un gran bel risultato.
Non che si dia troppa importanza a questa statuetta simbolo, non dimentichiamo che la giuria degli Oscar è strana (premiò lo stucchevole "La vita è bella") e che viviamo il periodo nel quale Obama incassa un Nobel per la pace mentre bombarda mezzo medioriente...
Tuttavia lo stracafonal - per citare Dagospia - vince. È un dato di fatto.
E allora perché inveire contro una rilettura (l'ennesima, d'accordo) di Proust o di Céline, se questa serve a comprendere una "realtà omega", come fu utile la stele di Rosetta per decodificare "messaggi alfa" altrimenti incomprensibili?
Perché è vero che "Fellini è un'altra cosa", ma siamo proprio sicuri che la "Grande bellezza" non sarebbe piaciuta anche al grande Federico?

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