lunedì 12 dicembre 2016

Ancora sul cosiddetto "razzismo"

da: http://www.memegen.it/meme/3fpbh6

Ricevendo una educazione pre scolare ed elementare "diversa" dalla media, mi sono sempre trovato a disagio nel calderone del "meltingpot".

Snob? Radicalchic? Razzista?

No, lo snob è colui che non è degno (sine nobilitate), ma ostenta un lignaggio non proprio. Un "vorrei, ma non posso".
Il radicalchic, invece, è un "potrei, ma non voglio", o meglio un "faccio finta" di amare e rispettare tutti.
Il razzista, infine, è colui che – spesso senza tornaconto, ma per paura di perderne qualcuno – oltraggia i diversi da lui.
Xenofobia significa appunto paura dello straniero (del diverso, dell'altro da sé, in estreme visioni contemplate nelle varie declinazioni della psicologia e della sociologia). Spesso confuso con l'omofobo, sarebbe più corretto definirlo eterofobo.
Ovviamente dipende tutto dal significato che attribuiamo alle aggregazioni umane.

Tutto ciò può trasformarsi in odio, ma non ne è sinonimo.
La legittima difesa del proprio territorio, ad esempio, non è razzismo, ma tutela di un ordine che, in fondo, piace a tutti.

Quando, da bambino, venivo trattato male gratuitamente da coetanei con altre abitudini (risposte sgarbate, nulla di più: il bullismo non esisteva), mi chiedevo sempre perché lo facessero.
Poi capii e il servizio militare, con gli ultimi sussulti del "nonnismo", me lo confermò.

Era per paura, soltanto paura.
E tanta insicurezza mascherata da spavalderia.
Crescendo i parametri cambiano, ma le motivazioni rimangono sempre le stesse.
Mobbing e bossing ne sono la dimostrazione.

Se funziona un "socialnetwork" e non funzionano i rapporti interpersonali reali, forse, è per il medesimo motivo.

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